Le cause principali del periodo di prosperità economica che ci fu nei due secoli e mezzo seguenti al principato di Augusto furono:
-
la pace e la stabilità politica, che consentirono di utilizzare le risorse economiche per costruire nuove infrastrutture;
- la presenza di un'efficace
rete di comunicazioni favorì gli scambi commerciali e fece diventare Roma il vero centro del mondo civile;
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l'unità amministrativa dell'Impero contrinuì sia ad estendere la lingua, il diritto, la moneta, sia a favorire gli scambi commerciali interni.
Quella romana era un'
economia monetaria il cui centro erano le
città.
La pace comportò cambiamenti che sul lungo periodo diventarono elementi di crisi.
Si ridusse quasì a nulla l'afflusso dei prigionieri di guerra, fonte principale per il mercato degli
schiavi. La mancanza di servi che aveva permesso la formazione d'
industrie, divenne fonte di crisi per le proprietà terriere e le manifatture. L'amministrazione centrale e periferica esigeva una numerosa e costosa burocrazia professionale, così come la difesa dei confini, che divenuti molto estesi impegnavano molti militari. Queste spese ordinarie divennero ingenti trasformandosi in un pesante carico fiscale.
Le provincie sviluppata una propria economia divenute temibili concorrenti ebbero come conseguenza la diminuzione dei prezzi, la scarsa disponibilità e l'alto costo del lavoro servile. L'inasprimento degli oneri fiscali determinarono un peggioramento delle colture e in molti casi l'abbandono delle terre e delle industrie.
L'ulteriore e decisivo fattore di crisi fu la fine della pace che terminò definitivamente con le invasioni del
V secolo. Le necessità della difesa militare s'imposero su tutto e determinarono il tramonto dell'antica prosperità:
- l'aumento continuo delle
tasse causò un impoverimento generalizzato;
- i prodotti agricoli scarseggiarono e costarono sempre di ppiù (
inflazione) ;
- le guerre civili e le incursioni dei barbari determinarono una condizione di
generale insicurezza e la rovina della rete stradale romana; tutto ciò causò il
crollo del commercio;
- i consumi di lusso diminuirono drasticamente determinando la
crisi dell'artigianato.
Si ruppe l'antica unità mediterranea. L'Oriente affrontò meglio la crisi e trasmise l'eredità della romanità all'Impero bizantino. LOccidente invece si avviò verso la rovina e la disgregazione. La situazione del
VI secolo evidenzia due diversi destini:
- l'Impero bizantino conobbe con
Giustiniano il momento di maggior splendore della sua storia;
- l'Occidente attraversò una profonda crisi caratterizzata da una
regressione demografica ed economica.
Nel secolo successivo in Oriente nacque la grande civiltà
islamica, mentre l'Occidente era un'area debole e sottosviluppata.
L'Occidente conobbe il movimento più duro di crisi
dal VI all'VIII secolo. I problemi più gravi furono l'abbandono delle città e lo spopolamento, il deterioramento dell'economia monetaria e la crisi dell'agricoltura.
A causa dei freni che lo stato pose alle distribuzioni gratuite di grano ai cittadini bisognosi, molti cittadini romani furono costretti ad emigrare dalla città.
All'emigrazione s'aggiunse la diminuzione della natalità.
Lo spopolamento si accentuò a causa delle
stragi, delle
carestie e delle
epidemie che accompagnarono le invasioni barbariche.
L'aumento eccessivo delle spese statali e la disorganizzazione commerciale determinarono una progressiva svalutazione della moneta.
La crisi dell'economia monetaria riportò in molte zone una situazione di
economia naturale. Il sale fu l'unico genere per cui continuò un commercio di massa. Per il resto il
baratto e l'autoconsumo sostituirono quasì completamente lo scambio su base monetaria.
Il crollo delle attività urbane determinò una
ruralizzazione dell'economia. La diminuzione della popolazione implicò la
riduzione dei campi coltivati e nei campi incolti tornarono a svilupparsi le
foreste che si estesero quindì su gran parte dell'Europa.